AVVISO AI VISITATORI
A seguito del progetto di un nuovo collegamento funiviario tra Frachey e il Colle Superiore delle Cime Bianche nell'area protetta del Vallone delle Cime Bianche (Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa, SIC/ZPS IT1204220), nonostante il sito rappresenti un impegno ormai ventennale portato sempre avanti con continuità, passione e dedizione, il webmaster non ritiene più opportuno indirizzare migliaia di escursionisti in una valle che non ha imparato ad amare, rispettare e proteggere se stessa, a meno che non intervengano elementi che scongiurino l'ennesimo attacco al suo ambiente.AyasTrekking.it fa parte del gruppo di lavoro "Ripartire dalle Cime Bianche" che ha come scopo lo sviluppo in Ayas di un nuovo modello di turismo sostenibile e attento alle nuove necessità e richieste del mercato nazionale e internazionale.
Il webmaster
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12 agosto.
Per tutto il pomeriggio si è parlato del progetto. Abbiamo riguardato
tutte le previsioni, e sembrano concordare. Bello da domani. Non ci crediamo
ancora, sembra impossibile. Siamo in giro per Champoluc, e il tempo va addirittura
peggiorando. Beh, era previsto, dovrebbe essere l'ultima perturbazione, poi
il vento dovrebbe cambiare. Il Rosa è coperto, esce a tratti il Palon
di Resy. A metà pomeriggio inizia anche a piovere, e continua anche
in serata. Non sembra un anno fa, eravamo appena scesi dal Mezzalama dopo
una giornata praticamente perfetta...
Barbara parla con un amico del posto, guida alpina e campione del mondo
di chilometro lanciato 2004. È appena sceso dal Quintino Sella, dopo
essere salito in 53 minuti. Beh, non aspiriamo a tanto, noi... comunque ci
conferma le previsioni, aggiungendo che il 14 lui salirà sulla Punta
Dufour, che con i suoi 4633 metri è la cima più alta del Rosa,
via Capanna Gnifetti. Gli risulta quindi bel tempo, non necessariamente ventoso.
Già, il vento. Ne abbiamo parlato parecchio in giornata, il vento
può essere un problema e un pericolo su una cresta esposta a 3500
metri. Ma praticamente abbiamo deciso: si tenterà il 14.
13 agosto - il giorno prima.
Prenotato. 5 posti su un Defender per il Bettaforca domani mattina. Sembra
quasi incredibile essere arrivati a questo punto dopo tutto ciò che
è passato, dopo la certezza di non potercela fare, con le speranze
davvero ridotte al lumicino. E questa mattina, appena svegliato, ho guardato
con estremo sospetto la luce che filtrava dalle fessure delle persiane, ho
cercato di capire se piovesse o no. Poi una volta aperte le finestre, un colpo
in cui non speravo più nemmeno: sereno. Tutto bagnato dalla pioggia
di ieri sera, ma il cielo è pulito. Il vento è cambiato, non
soffia più da sud.
Mando subito un messaggio a Massi, che è a Vercelli, informandolo
della cosa, ma dorme e non risponde. Ci sentiremo nel pomeriggio.
Nel corso della mattinata qualche nuvola si forma, ma non sembrano addensarsi;
passano e vanno. Bene così. Intanto il sole caldo comincia ad asciugare
la terra. È ora di fare gli zaini.
Non siamo del tutto sicuri della tenuta del gruppo, c'è chi cammina
più veloce e chi più lento. Ci porteremo un paio di radio LPD,
casomai dovessimo separarci, quelle che usiamo io e Barbara per parlare da
una casa all'altra (dello stesso condominio). Però abbiamo fatto un
patto di cui mi auguro non ci sia bisogno: chi si ferma aspetta, non blocca
gli altri. Eventualmente il ritrovo è al Bettaforca.
Poi diciamocela tutta: il Quintino è un punto di partenza per le
salite al Castore, al Lyskamm e oltre, per noi (e per questa prima volta!)
è il punto di arrivo. Un minimo di esperienza e di allenamento ce
l'abbiamo, quindi, con la giusta e necessaria prudenza, ovviamente, ce la
dovremmo fare. L'incognita semmai è là dove non possiamo controllare
le cose: vento, nuvole, per qualcuno paura dei precipizi. Soprattutto il
vento, come ho già detto. Speriamo in bene.
Nel pomeriggio parlo con Massi: sarà da me intorno alle 7.30. Domani
sarà il gran giorno, il giorno della gita dell'anno.
14 agosto.
Ci siamo. Massi puntuale alle 7.30 a casa mia, Luca pronto, Barbara quasi.
Alle 8.00 siamo a St.-Jacques, dove abbiamo l'appuntamento con il fuoristrada,
che arriva poco dopo. Saliamo e partiamo per la sassosa sterrata che porta
al Bettaforca.Tempo perfetto. Le uniche nuvole che possiamo vedere da qui
sono molto lontane, a occhio direi oltre il confine francese. Visibilità
più che ottima. Cielo blu, come si deve, ma aria fredda. Piccole pozze
d'acqua sono ancora ghiacciate... questa notte la temperatura è chiaramente
scesa sotto lo zero.
Il cammino inizia alle 8.30. Il percorso è praticamente da subito
tutto su pietraia. Si sale diretti a fianco del m. Bettolina, fino ai colli
Bettolina Inferiore e Superiore, senza problemi, perdendo a volte il sentiero,
che è segnato poco e male (con qualche ometto di sassi e segni gialli
sulle rocce, senza nemmeno l'indicazione del numero del sentiero), ma alla
fine su pietraia cambia poco. Luca è schizzato via quasi subito, con
passo decisamente più veloce di noi. Io potrei seguirlo, sono fresco,
riposato e preparato per la sua velocità, ma preferisco rimanere col
gruppo. Barbara ha poco allenamento e procede più lenta, ma comunque
sale. Sullo sprint di Luca in effetti ci si poteva accordare prima; gli avrei
quantomeno dato una radio per mantenere i contatti, anche solo per tranquillità.
Al Bettolina Superiore ci accoglie un forte vento ghiacciato. Ci chiediamo
come sarà lassù, sulla cresta, e poi oltre, sappiamo che saliremo
a quasi 3600 metri di altezza, dove la brezza di ghiacciaio potrebbe essere
davvero gelida.
Chi scende ci dice che durante la notte il vento al rifugio era tremendo,
e non stentiamo a crederlo. Ce la faremo o ci darà problemi una volta
sul tratto esposto che ancora non conosciamo se non per sentito dire? Lo capiremo
arrivandoci. In effetti mi piacerebbe aver trovato più informazioni
in rete a proposito di questa benedetta cresta, ma le foto sono scarse. Rimedierò
io mettendone diverse, compatibilmente con lo spazio sul server che ahimè
scarseggia.
Iniziamo la pietraia che porta in cresta, e rappresenta anche una fetta
non trascurabile del dislivello, e arriviamo in cima senza troppi problemi,
godendo del panorama incredibile che si allarga sempre più man mano
che saliamo. Le cime del Rosa sembrano lì a portata di mano. Compare
la Capanna Margherita in lontananza, lassù sulla Punta Gnifetti a quota
4559. La ammiriamo e ci viene il dubbio di aver esagerato un tantino proponendoci
di raggiungerla entro 5 anni. Il Mezzalama è ormai un puntino insignificante
là in fondo alla valle, tra i ghiacciai... eppure 368 giorni fa eravamo
così contenti di esserci arrivati! Raggiungiamo e superiamo la quota
del Testa Grigia, del Petit e del Grand Tournalin. Il Bec Trecare ben presto
è solo una montagnetta, in confronto a ciò che la visibilità
incredibile ci permette di vedere; oltre alle più alte cime del Rosa
compaiono il Gran Paradiso, il Rutor e il Monte Bianco. Stentiamo a credere
fin dove riusciamo a spingere la vista, a più di cento chilometri
di distanza: prima riconosciamo la sagoma del Monviso, poi seguendo verso
ovest ci rendiamo conto che le montagne più lontane che possiamo vedere
sono... gli Appennini. Insomma, se non ci fossero vedremmo il Mar Ligure!
L'afa della Pianura Padana limita la visibilità a sud-ovest, ma si
vede qualcosa che sembra un lago, non sappiamo quale, potrebbe essere il
lago di Varese, dice qualcuno, rimpiango di aver lasciato a casa la bussola [rivedendo le riprese e facendo i calcoli con l'aiuto di una cartina,
il lago visto da quel punto guardando a sinistra dello Stolemberg è
senza dubbio il Lago Maggiore, NdA]. Qualcosa luccica in pianura, potrebbe
essere qualcosa a Milano o oltre... Lo Zerbion sembra una collina del Monferrato.
Alla fine della pietraia arriviamo alla famigerata cresta attrezzata con
la nota corda fissa. Ritiro la telecamera nello zaino, tengo a tracolla la
reflex, so che ci saranno punti in cui dovrò tenermi con le mani. Poco
dopo arrivano Alina, Massi e Barbara. Massi guarda la cresta, studia la situazione
e tira fuori l'imbragatura e la corda con i due moschettoni. Gli serviranno
ad avere un minimo di sensazione di sicurezza che gli permetterà di
vincere la paura dei precipizi.
Iniziamo il percorso. Il rifugio non si vede ancora; l'altimetro satellitare
indica 3508, non so se sia effettivamente giusto, ma se lo fosse vorrebbe
dire che il dislivello da superare è inferiore agli 80 metri. Però
questa cresta sembra maledettamente lunga a vederla da qui...
Sembra facile all'inizio, ma più si va avanti più i precipizi
si fanno vicini, la cresta diventa sempre più sottile, la larghezza
oscilla tra un metro e un paio di spanne. Di pari passo la corda è
a tratti praticamente un corrimano, in altri davvero è necessario
tenersi. Non segue precisamente il sentiero; a volte si distanzia, si alza,
si abbassa, si interrompe... intanto di fianco ai nostri piedi la montagna
strapiomba sulla Val d'Ayas e quella di Gressoney. La cresta è incredibile,
non riesco a credere di essere lì, praticamente sospeso nel vuoto,
sembra un paesaggio irreale... riconosco altri posti conosciuti da un punto
di vista quasi impossibile, il Lago Blu non è che una pozzanghera
di acqua colorata, eppure non è piccolissimo... Lo ammetto, è
più difficile del previsto. Non mi aspettavo una cosa simile, ma non
mi sembra di avere problemi. Forse sono un disgraziato, ma queste cose non
mi spaventano. Procedo tenendomi comunque alla corda, ma la paura di cadere
non mi sfiora. A parte Luca, che ormai è schizzato via (sapremo poi
che a quell'ora è già arrivato da un pezzo), il resto della
truppa è un po' in crisi... Massi procede lentamente, dovendo continuare
a legarsi e slegarsi... Alina in alcuni punti si chiede come farà
a scendere.
Superiamo la passerella, e arriviamo all'ultimo tratto, che poi è
il peggiore (o il più divertente, a seconda di come si vede la cosa).
"Vaf******* te e il tuo Quintino Sella!" mi grida uno di loro, ma non dico
chi, aggrappandosi alla corda in un punto un po' critico... Nel punto peggiore
bisogna arrampicarsi con le mani, aiutandosi magari - ma non necessariamente
- con la corda. No, nessuno di noi ha un minimo di preparazione da arrampicata.
Signori, si improvvisa. Allungo le mani, cerco i necessari punti di appoggio,
mi aiuto con la corda e salgo. Sono solo un paio di metri, in pochi secondi
sono su, e indico agli altri dove tenersi. Abbiamo rallentato un po' di gente
dietro, me ne dispiaccio, ma sicuramente qualche divertito alpinista si sarà
goduto la gustosa scenetta...
Beh, siamo oltre. Ancora qualche saliscendi in cresta, su roccia sottile,
liscia, con il vuoto a destra e a sinistra. Chissà perchè ma
questa cosa mi esalta... Mi dispiace quasi quando mi trovo di fronte di colpo
la sagoma del rifugio, e gli ultimissimi metri di corda. Subito dietro di
me arrivano gli altri, e gioiscono della cosa, anche perchè in effetti
cominciamo a sentire una certa fame, e tra l'altro potremo godere di un piatto
gratis avendo raggiunta quota 5 timbri nel Diario dei Rifugi. Entriamo nel
rifugio, ma Luca non c'è. Qualcuno comincia a preoccuparsi, non c'è
nemmeno sul lato ovest. Ovviamente è seduto da due ore al sole sul
lato est, al riparo dal vento, e ci aspetta.
C'è molta gente al rifugio. Sono i primi giorni buoni di agosto,
e come era prevedibile alpinisti ben più esperti di noi si sono riversati
in massa sulle cime del Rosa, di cui il Sella è l'ideale anticamera.
Si vedono diverse cordate scendere dal Castore o salire al Breithorn. Firmiamo
il registro del rifugio, e leggiamo che sulla cima del Castore qualcuno ha
rilevato raffiche di 100-120 Km/h. Infernale, a 4200 metri.
La prima cosa che colpisce uscendo dal rifugio è la quantità
enorme, insopportabile di luce. L'aria è fredda, il sole scalda appena
le rocce, ma davvero non so come farei senza occhiali da sole. "Come li vuole?"
mi aveva chiesto l'ottico che me li ha venduti. "Da ghiacciaio sotto il sole
di agosto" era stata la mia risposta, che devo riconoscere essere stata adeguata.
Ci abbiamo messo un tempo interminabile a salire, 4 ore. Luca ci ha impiegato
la metà. Ammetto che speravo meglio; abbiamo fatto molte soste, ma
comunque 3 e mezza di camminata sono senza dubbio un tempo da migliorare.
Abbiamo l'appuntamento col fuoristrada per le 6 del pomeriggio, e con la
prospettiva di tempi analoghi non c'è da perdere tempo. Dopo pranzo
ci dedichiamo a fare qualche foto (un centinaio, di cui diverse finiranno
su questo sito), osserviamo il paesaggio impareggiabile che ci sta intorno,
e a malincuore riprendiamo la via del ritorno, salutando il Sella e chiedendoci
quando ci torneremo...
Siamo naturalmente subito in cresta, ma incredibilnente nessuno si lamenta
più, come se fossimo diventati di colpo esperti conoscitori di questa
via. No, in realtà gli esperti veri sono quelli che, più veloci
di noi, lasciamo passare dove possibile (nella maggior parte del percorso
in cresta non si passa in due). Comunque siamo un pelino più veloci
della mattina. Altra gustosa scenetta dove bisogna scendere in verticale,
tenendosi con le mani (o in alternativa alla Tarzan), all'indietro, cercando
i necessari appoggi con i piedi. Ma del resto chi (di noi) ha mai fatto qualcosa
di simile con un migliaio di metri di vuoto un metro dietro le spalle? Comunque
divertente. Massi è lanciato, forse è diventato veloce a lavorare
di moschettoni, ed è anche più sicuro.
In compenso il cielo non è più così sereno; il forte
vento ha formato delle nubi lenticolari sulle cime, e qualche altra nuvola
passa sulle nostre teste. Niente di grave comunque; lo stesso vento è
più debole del mattino, e ovviamente fa un po' meno freddo. Luca è
ripartito come un missile, ma almeno questa volta ha una radio.
Superiamo la passerella, scendiamo dalla cresta, ci ritroviamo sulla pietraia.
Questa volta sembra infinita. Sarà che ho un inizio di raffreddore
(normale o allergico, non l'ho mai capito) e guardare in basso non mi risulta
comodissimo, ma davvero non finisce più. Sembra addirittura più
lunga della mattina... forse perchè in fondo ci sono i laghi, e sembrano
non avvicinarsi mai! Non difficile, comunque, anche se ripidina. Mi fermo
un paio di volte ad aspettare gli altri; intanto parlo via radio con Luca,
che è già al Colle Bettolina Superiore, lanciato verso l'Inferiore.
Il resto del percorso è pura camminata, in cui cerchiamo di calcolare
più o meno quanto ci metteremo ad arrivare al Bettaforca. L'appuntamento
col fuoristrada verrà centrato perfettamente, con l'arrivo contemporaneo
al colle mio e del mezzo.
Durante la discesa sul fuoristrada conosciamo una famigliola. Incredibile
a dirsi, i due bambini piccoli sono appena scesi dal Castore con papà
guida, dopo essere saliti dal Lambronecca... probabilmente sono loro ad aver
segnalato il vento forte sulla cima del Castore sul registro del Sella.
Alla sera io sono stanchino ma OK, altri soffrono un po' di... non mi è
chiaro cosa, un po' di nausea, un po' di mal di testa, forse mal di montagna,
forse cedimento di nervi dopo lo stress della camminata. Comunque niente che
non riusciamo a eliminare. Massi riparte per Vercelli, dove arriva prima di
mezzanotte, e la giornata finisce con una sana dormita.
15 agosto - il giorno dopo.
Ferragosto. Mi sveglio con un certo male alle spalle, probabilmente per colpa dello zaino, ma per il resto tutto a posto. Anche gli altri si sono ripresi benone. La giornata passa tranquillamente, con qualche camminata in fondovalle giusto per non riposarsi troppo, ma il tempo non è più bello come ieri, nel corso della giornata in cielo si addensano nubi sempre più basse... e mentre la cresta del Quintino Sella scompare dalla vista, la mente corre già alla prossima volta, più preparati, più esperti e chissà che anche per noi diventi solo un punto di partenza...
Hanno partecipato all'avventura del Sella del 14 agosto 2004:
Degno di nota l'eroismo di un alpinista partito dopo di noi, che a dispetto dell'età piuttosto avanzata ha raggiunto noi all'inizio della salita su pietraia e Luca prima della cresta, e tutto quanto con un paio di ciabatte da spiaggia.
3 anni dopo.
Eh sì, il Quintino Sella è poi diventato come auspicato un punto di appoggio e partenza. Al momento ci sono tornato altre due volte, entrambe con meta Castore raggiunta come da programma (itinerario alpinistico 3).La salita al Sella non è più questa cosa incredibile da programmare con mesi di anticipo... e si può fare anche senza utilizzare il fuoristrada nè per la salita nè per la discesa, con l'indubbio vantaggio di un adattamento più dolce alla quota.
Escursione 17: rifugio Quintino Sella |
Itinerario alpinistico 3: Castore via cresta est |
Itinerario alpinistico 4: Traversata del Castore |
"Piccole storie quotidiane" | Rifugio Quintino Sella |